Intervista con il critico Emanuele Rinaldo Meschini (2014)


L’Artista intervistata dal critico Emanuele Rinaldo Meschini, per il catalogo della Mostra “Crispolti e gli Artisti del Centro Di Sarro” (2014)

E.R.M. Quale può essere secondo lei, un tratto distintivo delle pratiche artistiche di inizi anni Ottanta?


R. F. Riandando a quegli anni, penso sia il diffondersi e l’affermarsi di una concezione dell’arte, del ruolo dell’artista e del pubblico, più aperta e dinamica, precedentemente quasi isolata e in germe, portatrice di contenuti fortemente alternativi e conflittuali con l’esistente, in controtendenza con le logiche del postmoderno e le varie reazioni all’algido rigore del concettuale. Da sempre spirito libero e autonomo nell’arte come nella vita ho, come del resto altri in quegli anni, privilegiato e creato percorsi e pratiche artistiche che, appunto anche in quanto appassionatamente sentiti e slegati dai soli dettami del mercato, si sono rivelati precursori di quanto in parte avvenuto nel panorama delle arti visive negli anni seguenti. L’incontro con Enrico Crispolti, che considero mio maestro d’arte e di vita, ha stimolato e o erto opportunità a una concezione dell’arte come etica relazionale tra artista e fruitore, opera e spazio urbano, in un coinvolgimento diretto in cui mettere in gioco la propria poetica che, pur fortemente individuale, vive e si pone criticamente nella realtà circostante.

Ecco le mie prime sperimentazioni di land art, la lettura del corpo come spazio scenico, il lavoro condotto sulla comunicazione alternativa urbana, il coinvolgimento diretto con altri artisti e con il pubblico, per provocare azioni e riflessioni comuni, i viaggi di studio e conoscenza e le mostre all’estero, l’individuazione di spazi non convenzionali per una più capillare diffusione dell’arte e del dibattito culturale nella vita quotidiana e vissuta.

E.R.M. Ritiene che Roma sia stata un luogo centrale per lo sviluppo di tali ricerche, o considera, come dimostra l’attività del Centro Luigi Di Sarro, che l’epicentro sia da individuarsi più a sud. (Campania, Puglia, Calabria)?

R. F. Nel periodo in oggetto certamente il sud è stato centro di produzione di nuove proposte e ciò è in gran parte dovuto alla nuova attenzione di una parte della critica attenta e militante sul campo e Crispolti ne è stato forse il capo la.

Ancor prima degli sviluppi della globalizzazione, il privilegiare il recupero consapevole del genius loci ha favorito l’incontro tra artisti di diverse estrazioni, un lavoro comune in alcuni casi, relazioni e una nuova linfa che scorreva con fervore innovativo nel panorama delle arti visive e non solo, elevando ad un piano di internazionalità alcune esperienze di allora. La buona pratica si è però presto esaurita, fagocitata da interessi mediocri e autoreferenziali di certa critica e del mercato, appiattendo appunto lo slancio e le potenzialità emerse solo in parte.

A proposito di genius loci, ho viaggiato in questi ultimi anni in alcune città europee, Berlino, Monaco, Lisbona, Parigi, Atene, diversissime tra loro per storia, cultura e assetto politico-amministrativo.

Mi ha interessato, viaggiando, rendermi conto, per quanto possibile, dello stato dell’arte e della condizione degli artisti in quelle realtà, del rapporto interno di scambio e confronto, delle opportunità o erte loro dalle istituzioni, della disponibilità di spazi espositivi sperimentali ed ufficiali, di atelier a prezzi accessibili per poter lavorare, di come la comunicazione dell’arte fosse di usa nel tessuto urbano e della sua conseguente fruizione da parte del vasto pubblico. Ho potuto constatare, e non è stata purtroppo una sorpresa, come rispetto all’Italia il panorama artistico e culturale di queste capitali presenti un carattere ben più dinamico, creativo e variegato, e come paesi tutto sommato con tradizioni al di sotto del nostro tanto vantato (ormai solo a parole, e vuote di significato) back-ground artistico, siano oggi centri fervidi di iniziative, dove una fitta rete di istituzioni pubbliche e private, grandi centri espositivi, gallerie, curatori e collezionisti, conoscono il valore di risorsa del lavoro degli Artisti e delle loro associazioni, offrono opportunità, spazi e sostegno, a quelli storici e a quelli emergenti, (i famosi giovani che qui da noi dubitano del loro presente, figurarsi del loro futuro!).

E.R.M. Scritte murali a Roma, è stato un libro/operazione che ha fatto una prima ricognizione della spontaneità comunicazionale di questo mezzo. È stato presentato al Padiglione Italia della Biennale di Venezia del 1976, curato da Enrico Crispolti, in un clima di pieno fermento politico-sociale in cui l’arte veniva declinata nella realtà attraverso la sua possibile operatività all’interno del contesto sociale. Oltre ad essere un’operazione di ricerca artistica Scritte Murali a Roma è stata la sua tesi di Diploma all’Accademia di Belle Arti di Roma. Rivede oggi la possibilità di partecipazione attiva degli studenti all’interno della ricerca artistica?

R. F. Coerentemente alla mia formazione alla scuola di Enrico Crispolti, nel mio successivo percorso di artista-docente ho condotto numerose esperienze in cui ho coinvolto i miei Studenti con Artisti di fama internazionale, intendendo la funzione docente nel rapporto educativo all’arte, come partecipazione sensibile a valori sociali e solidali, ricerca riflessione e progetto di una nuova e diversa estetica della vita. Anche nell’associazione che presiedo, L’Altrosguardo Artisti Associati, ho voluto inserire una sezione per i giovani artisti emergenti, creando per loro opportunità e percorsi di alto pro lo.

Ho ideato e realizzato vari progetti, creando apposite sezioni per gli Studenti per un confronto diretto con gli Artisti, tra gli altri il Progetto multimediale in rete “I Laboratori dell’Arte” Mostra e Convegno all’Auditorium Parco della Musica in Roma, per una ricognizione del rapporto tra gli artisti-docenti e gli allievi in tutte le scuole d’arte del Lazio, Ustica una ricerca della verità, Arte e scienza, 1999:“Arte contro la Guerra”, due giorni no-stop di interventi e performances in tempo reale, al Villaggio Globale di Roma, con la partecipazione di Artisti di varie nazionalità e Studenti delle scuole d’arte della capitale (i lavori sono stati donati ai Musei della ex Jugoslavia), e molti altri ancora.

Ho sempre vissuto, nelle occasioni di lavoro comune, gli studenti come creature fantastiche e sensibili, che condividono con trasporto impegno e partecipazione la passione per l’arte che spero di trasmettere e sollecitare in loro.

E.R.M. La sua pittura mette in luce un forte senso di corporalità, diretta ed allo stesso tempo priva di morbosità quasi a riportare di nuovo quel senso di erotismo rubato dalla fotografa ad una condizione impressionista, ovvero immediata e libera nel suo messaggio. Come considera questa sua ricerca in un periodo di sovraesposizione erotica/pornografica?

R. F. Nella mia ricerca, ciclico attraversamento nei territori dell’eros, parto dalla mia essenza, dal mio corpo, dalla mia anima, dalla mia sessualità e sensualità, da ciò che è intorno e dentro di me. Territori d’ombra, zone di buio profondo, splendori di calda luce nera così come zone di radiosità, ne attraverso i lati oscuri esattamente come quelli in luce, senza vedervi separazione, ma riconducendo tutto a un’unica visione. Metafora sempre presente come il rouge nel mio lavoro, pur con le sue metamorfosi, l’archetipo della grande madre, il suo eros cosmogonico, i regimi notturni dell’immaginario in cui si manifestano la terra, la generatività, il femminile come mediatore tra l’umano e il divino e, punto per me di maggiore interesse, da sempre espressione di una natura che genera e nutre, protegge e riscalda, ma che rivela al contempo il suo lato oscuro di morte e distruzione, pericolo e bisogno, fame e mancanza di protezione, vissuti dall’umanità come il soggiacere a una madre oscura e terribile.

“…il secolo ventesimo ha rivelato un tipo di sincerità dell’artista che resterà come uno dei segni dello stile della nostra epoca. Roberta Filippi non indietreggia davanti a nulla. Dalle scene di dannazione no alle scene di purezza… Il suo lavoro sta dentro il linguaggio della pittura, ella opera all’interno delle moderne problematiche dell’arte e della cultura europee… (J.Klintowitz).

“Nella sua pittura Roberta Filippi elabora una simbologia archetipa dell’Immaginario Erotico, in un’arte visionaria intrisa di luminosità, che esprime una tensione verso un ideale umano di bellezza in armonia con la natura cosmica”. (P.M.Bardi).

“…Fra tanta e noiosa pittura espressionista di oggi, quella di Roberta è invece una pittura che crede nell’immagine come evidenza, come dichiarazione esplicita e fortemente suggestiva. Non confusa, non incerta nei suoi simboli, ma netta, chiara, senza mezzi termini, aggressiva nella sua evidenza. Nell’evidenza direi di una tensione psichica che coraggiosamente esibisce, dandole forza di immagine emblematica di una condizione non più soltanto individuale, ma collettiva, nel mondo che viviamo, violento, e crudele…..” (E. Crispolti).